REGAZZONI, UNA McLAREN ROSSA E LA 500 MIGLIA DI INDY DEL 1977

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Nel 1977, dopo la fine del sodalizio con la scuderia di Maranello, Clay Regazzoni firma per la Tissot Castrol Ensign di Morris Mo Nunn. La monoposto N177, spinta da un Cosworth DFV e disegnata da Dave Baldwin, non è che solo uno leggero sviluppo di quella dell'anno precedente. Mo Nunn infatti è a corto di fondi per il suo team. Purtroppo Clay durante la stagione dovrà fare i conti con motori vecchi e dal chilometraggio eccessivo. Sarà solo 17esimo nel mondiale con 5 punti colti da far suo in Argentina, sesto alla prima gara del mondiale, a Monza, quinto e poi nuovamente quinto in America, al Glen.

Nel mezzo della stagione però, viene contattato da Teddy Yip, miliardario, proprietario dei casinò di Macao e grande appassionato di motori, fondatore del Theodore Racing, per correre la mitica 500 miglia di Indianapolis. Deve sostituire Bill Simpson, il famoso produttore americano di caschi e tute, che ha deciso di ritirarsi prima della gara. La monoposto per Clay sarà una rossa Mclaren M16C-D, figlia delle più recenti evoluzioni tecniche della F1 e spinta dal motore Offenhauser. Il numero di gara, il 38. Diviene il primo pilota impegnato attivamente in F1 a tentare l’avventura nel catino dell'Indiana dai tempi di Jim Clark. Addirittura Clay intende correre sia ad Indy che a Montecarlo, facendo la spola tra le due sponde dell'Atlantico. Dopo di lui ci proverà solo Fernando Alonso, che ad Indy esordirà sempre su McLaren. Per la serie corsi e ricorsi storici.

Regazzoni nell'avventura americana porta con sé l'inseparabile amico meccanico Borsari che, per volare ad Indianapolis, si prende un periodo di ferie dalla Ferrari. Ai giorni nostri sarebbe impossibile una cosa del genere. Che un pilota ed un meccanico di team rivali in F1, pensino di partire  insieme per andare a correre in un altro campionato. Per Borsari poi si trattava di passare da una monoposto col Cavallino rampante ad una McLaren!

“Da molto tempo volevo partecipare alla famosissima 500 miglia di Indianapolis. In America c'è la possibilità di vincere anche se parti dietro, non come nei gran premi di F1 che sei tagliato fuori dalla lotta. E’ una gara lunga, con i rifornimenti, in corsa devi metterti apposto la vettura”.

Purtroppo per Clay l'esperienza americana non inizia affatto bene. Durante il secondo giorno delle qualifiche è vittima di uno spettacolare incidente. A causa di una barra stabilizzatrice montata al contrario, esce di pista, quasi decolla, e si cappotta ad alta velocità dopo che la vettura, impattando sul terrapieno interno della pista, fa perno sullo pneumatico anteriore. Uscirà da solo con le proprie gambe in tranquillità, lasciando stupiti i soccorritori che avevano temuto il peggio. L'incidente complica l'impresa sportiva di Clay, che nel frattempo volerà a Montecarlo per le prove del GP di F1. Nel principato piove e non si qualifica. Teddy Yip quindi gli prenota subito un volo per farlo tornare ad Indianapolis dove tenterà la qualifica nell'ultimo giorno disponibile, il temutissimo, dai piloti, Bump Day. Dentro o fuori. Clay si qualificherà con il muletto in 10ema fila  alla media di 186.047 miglia orarie (299.414 km/h) . Ce l'ha fatta, ha coronato il sogno di essere al via della 500 miglia di Indianapolis.

In gara l'avventura purtroppo terminata in anticipo al 25esimo giro per una perdita di carburante mentre era riuscito a risalire fino alla 16esima posizione.

La gara sarà vinta da Foyt, alla sua quarta affermazione, a bordo di una Coyote con motore Foyt V-8.  Sarà l’ultima vittoria per una monoposto costruita tutta completamente in America, motore compreso. Un solco indelebile nella storia delle corse americane.

 

La gara del 1977 sarà ricordata anche per altre due motivi. Per la prima volta si qualificherà una donna, Janet Guthrie , e Tom Sneva in qualifica sarà il primo pilota a superare il muro dei 200 miglia orari a bordo di una McLaren. Era iniziata una nuova era.

Pochi giorni dopo la 500 miglia, proprio ad Indianapolis Elvis Presley farà il suo ultimo concerto, di colpo gli americani si erano ritrovati con due miti in discussione.

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Riccardo Turcato


 

   

 

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